Siamo arrivati anche quest’anno alla fine e mai mi era successo che il tempo volasse cosí velocemente. In una maniera quasi spaventosa. Avresti voluto che tutto non fosse mai finito, un blocco delle lancette dell’orologio a concederti la possibilità di chiudere cose che non sono state definite o capite.
La mattina della finale del Festival è praticamente buttata via, venerdì notte era stata infinita. La conferenza stampa all’ora di pranzo dei tre conduttori chiude un cerchio, Favino e Baglioni ci ridono su, quest’ultimo non sa se ci sarà ancora, Michelle si commuove.
È un pomeriggio di lacrime. Non solo per loro, che comunque guadagnano miliardi. Durante la conferenza stampa i ragazzi de Lo Stato Sociale rivangano il passato con lavori che gli stavano stretti e che li facevano stare male. Mi immedesimo. Nel pre domanda mi complimento con loro, la macelleria per 5 anni è stata una galera e ora, come dico sempre, sono felice a fare il mestiere più bello del mondo. Commozione, ma non me ne vergogno, solo chi ha sputato sangue può capire.
Mi metto a fare due pezzi savonesi, il corpo non mi accompagna più, si viaggia di inerzia.
Red Canzian ci dà una bella botta di vita. Un’energia che fatico a vedere persino in Meta e Moro. 66 anni e non sentirli. Aizza la sala stampa sulle note del “Nel blu dipinto di blu”, si complimenta con la gioventú e forza della Lucio Dalla e riempie di rock tutta l’aria con una grande semplicità e orgoglio veg.
Si va verso cena, la musica ci accompagna tra un piatto di trofie e un amaro della mamma, il Festival prosegue la sua corsa inarrestabile. Si fanno i primi pronostici, favoriti i The Kolors, Lo Stato Sociale e #MetaMoro oramai diventato hashtag ufficiale. Favino è immenso con un monologo sui migranti, Baglioni se fa ‘na classica cantata, la Pausini la skippo capirete, poi Nek, Renga e Pezzali, ah giá c’era anche lui.
Si stila la classifica. Gli Elio arrivano ultimi, obiettivo raggiunto, Servillo e Avitabile si piazzano forse troppo in alto, delusione per Le Vibrazioni, Gazzè sesto ci può stare, troppo bassi i The Kolors, la Vanoni e Ron vincono un premio. Scontato.
In Finalissima ci vanno i ragazzacci maledetti, Lo Stato Sociale e Annalisa, l’avevo detto e con Roby siamo già gasati, imbastiamo il pezzo perchè in caso di vittoria noi savonesi esploderemo in un orgoglio mediatico importante.
La vittoria se la portano a casa i più discussi. Per la felicità delle donne che amano gli stronzi. Quelli che mercoledì dovevano essere già a casa perchè avevano praticamente utilizzato un pezzo escluso dalla selezione nuove proposte 2016. Calvani e De Pascali stappano bottiglie ma non per la felicità.
Casa Sanremo quest’anno è di un mortorio imbarazzante. Il freddo ne fa da padrone come non mai e tra birrette e patatine fritte mi ritrovo in mezzo a Roy Paci (chiamato Rio per tutto), Diodato, Stash, Renzo Rubino e Sarcina a pogare e a urlare “Non abbiamo vinto niente e non ce ne frega un cazzo”. Trash, ma noi in questo Festival ne abbiamo visto tanto forse troppo e non ce ne stanchiamo mai.
Le passeggiate sono state un altro must. È il momento dei saluti. Con le parole non sono bravissimo, preferisco scrivere.
Oggi è solo una girandola di pensieri, smentisco alcune parole della stanchezza, prossimo anno ci sarò e per sempre fino a quando mi verrà data l’opportunitá.
Insieme agli amici, a nuovi colleghi, alla musica che muove tutto, al casino, alla notte. Infinita.
Stanotte sarà durissima. Le 5 diventeranno solo un’ora di passaggio notturna, la riguarderemo sull’orologio solo fra un anno.
Titoli di coda. Ma con un “To be continued”.
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