Il quadro storto

Ingovernabilità. E tanto è inutile che ci giriamo tanto intorno, lo sapevamo.

Venerdì scorso vi scrivevo che non sapevo cosa mi sarei aspettato da lunedì 5 marzo e a parte la notte insonne, quella l’avevo predetta, il resto erano solo chiacchiere da bar. Il risultato delle urne ha detto solo una cosa. Chi ha perso.

Il Partito Democratico con queste elezioni ha decretato la fine definitiva di una scelta a sinistra, nel 2013 probabilmente con la politica solo di attacco, e non delle idee di Bersani qualcosa si poteva intravedere, ma intanto primo partito della coalizione e Governo portato a casa per 5 anni. Qualcosa di buono forse è stato fatto, altro molto meno convincente ma a Matteo Renzi è sembrato tutto rose e fiori nella conferenza stampa di addio alla segreteria. Ma ne parliamo dopo.

Urne. Il Movimento 5 Stelle primo partito al 32% ma la coalizione di centrodestra si attesta al 37%, con un risultato storico per la Lega che supera Forza Italia 17 a 14. Lo chiamano voto di protesta e non poteva essere altrimenti, da sinistra c’è chi si è spostato verso l’ala grillina e chi ha scelto il Carroccio è essenzialmente destrorso, ex Berlusconi ma decisamente meno moderato.

Cosa è mancato al PD? La coesione, idee importanti per i lavoratori, stare in mezzo alla gente. I tempi sono cambiati certo, paga il populismo da Facebook e l’urlo più forte, ma gli ideali di sinistra in realtà non dovrebbero mai cambiare.

Il 5 marzo ci lascia un nulla di fatto. Patata bollente nelle mani del Presidente Mattarella, che a questo punto cosa farà?  Governo in mano a Di Maio, come non era successo nel 2013 che cercherà di recuperare seggi dai delusi del Pd e dai pochi, pochissimi eletti di Liberi e Uguali (no comment). Ma forse non basterà e a questo punto urge una mossa politica, bisogna che diventino grandi, la responsabilità e l’opportunità potrebbe essere l’unica nella loro storia.

Oppure visto che sono arrivati a un passo dalla soglia minima, comanda Salvini, visto l’accordo dei più voti con Forza Italia e con un raggranellamento dei 40 seggi mancanti in stile Razzi e Scilipoti. Mattarella potrebbe anche cercare di mettere tutti d’accordo, anche se mi sembrano già discretamente coesi, con un nome alternativo di candidato premier come quello di Roberto Maroni. Da escludere il Governo 5 Stelle-Salvini, non ci voglio neanche pensare a livello di stabilità e di urla.

Piccola considerazione, qualcuno anni fa voleva rottamare, anche se ora si accontenta di un posto al Senato grazie ai voti dei paesini toscani, ma intanto in Parlamento rimangono sempre i soliti con in più i vari Galliani, Sgarbi, Bersani, Casini.

Dal 23 marzo spazio alla scelta dei presidenti della Camera e del Senato, indecisione sempre più alta, anche se pare che alla Camera ci andrà un pentastellato, Emilio Carelli o Roberto Fico e al Senato un nome che metterà d’accordo come Graziano Delrio o due totalmente distanti da (quasi) tutti, Roberto Calderoli e Paolo Romani. Una tre giorni interminabile per il Senato (per non parlare della Camera, altro che “preparate il caffè”) che al momento non potrà avere nessuna certezza, se si pensa che il nome di Grasso 5 anni fa era spuntato nelle ultime ore.

La mappa dell’Italia vede un nord essenzialmente di centro destra, il sud di fede 5 Stelle e un centro spartito, le briciole al Pd. Che deve assolutamente ricostruire, il nome di Calenda, neo iscritto al partito, fa già presagire a una gestione da Renzi bis. Dopo gli attacchi del fiorentino ai suoi prevedo una super scissione come mai si sono viste.

E la scelta mancina sparì, ritrovandosi in un Paese in cui Casa Pound in molte città arriva persino all’1%.

Saranno consultazioni da maniche tirate su e fazzoletti a asciugarsi il sudore. E nascerà pure un nuovo mestiere. Il raddrizzatore di quadri storti.

quadri storti

 

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