Un calcio alla politica da sliding doors

E se quel treno lo avessi perso? O se fossi riuscito a prenderlo, cosa sarebbe successo?

In un binomio che ha dell’eccezionale il calcio e la politica italiana, si stanno intrecciando in questo tourbillon, ricco di emozioni e forse anche preoccupazioni, ora come non mai.

Partiamo dal football di casa nostra, restiamo leggeri. E’ un campionato strano, tra i più belli degli ultimi anni e forse qualcuno avrà anche pensato che si è andati verso questa direzione perchè ci siamo giocati il Mondiale. Balle, nelle big sono tutti stranieri.

Un torneo che è iniziato in un modo e sta per finire in un altro, concentrandosi su tre squadre, la Roma, il Napoli e la Juventus.

Iniziamo con gli uomini di Di Francesco, contestato e a rischio panchina come spesso succede nella Capitale ha avuto un altalenante andamento in campionato che lo hanno costretto alla graticola, l’ottimo andamento in Champions League (vittorie contro Chelsea e buon pareggio contro l’Atletico oltre all’ottavo vincente contro lo Shakhtar) e la vittoria contro il Napoli messi insieme ai pareggi/sconfitte contro le piccole non bastavano. Poi arrivano gli extraterrestri del Barcellona, la sconfitta pare certa e infatti al Camp Nou ne buscano 4, demeritando, bisogna dirlo (l’autogol di De Rossi simil Italia-Svezia dell’1-0 a fine primo tempo e qualche decisione arbitrale gli spezzano le gambe). Il ritorno a Roma, mente leggera, l’Eusebio nazionale inventa una difesa a 3 spregiudicata e il 3-0 non è più una chimera. L’impresa è compiuta, Messi e soci ridimensionati e il mondo resta a guardare a bocca aperta. Una nuova era? No. Spunta Salah che “tranquilli lo conosciamo”, mette a segno una doppietta e due assist ad Alfield e tutti muti. Serve di nuovo il 3-0.

Scendiamo di poco, sponde del Vesuvio, NapoliSarri, i suoi partono come dei missili e sembra essere l’anno buono poi come al solito la Juve vince lo scontro diretto e arriva la crisi soprattutto in Champions dove vengono cacciati da Manchester City e gli ucraini di Donetsk (contro quest’ultimi flebile speranza con la vittoria della penultima giornata, con gli inglesi ottimo gioco ma non è bastato), retrocessione in Europa League e crollo contro il piccolo Lipsia nonostante il rimontino del ritorno. Sarri capisce che la coperta è corta, 12 giocatori non bastano, infatti arriva la sconfitta di Roma e le milanesi fanno perdere almeno 6 punti, 2 0-0 contro l’Inter e uno contro il Milan, la parata pazzesca al 90esimo di Donnarumma su Milik, un altro personaggio da sliding doors, sono il preludio di un’altra annata a bocca asciutta (anche il pareggio con il Sassuolo è da annoverare tra le partite sbagliate). Ma forse no. La vittoria di Verona all’ultimo respiro in rimonta e un Koulibaly che vola in cielo e piega la Vecchia Signora. Sono ancora vivi.

Juventus, Allegri, mai doma, anche se la campagna acquisti non è stata faraonica, i risultati arrivano, ma non gioca bene e gli stop d’arresto a Bergamo, con la Lazio e a Genova contro la Samp sono segnali. Il Napoli qualche passino in avanti lo fa anche se perde lo scontro diretto, i bianconeri sono impegnati in più fronti, la Champions ha distratto, in Europa si parte male contro il Barça (3-0 in Spagna) poi strada in discesa fino al secondo posto finale del girone. Il Tottenham pareggia a Torino, 2-0 a favore degli uomini di Allegri a fine primo tempo poi Higuain sbaglia il rigore KO, gli inglesi rimontano fino al 2-2, si fa dura, ma in Inghilterra una prova d’orgoglio affonda i saints. Ora sotto con il Real. Allo Stadium arriva un tonfo clamoroso, Cristiano Ronaldo vola in cielo con una bicicletta straordinaria e al ritorno serve l’impresa impossibile al Bernabeu. Il giorno dopo Roma-Barcellona, tensione alle stelle. 2 Mandzukic e Matuidi la rimettono in piedi poi quell’ultimo secondo dei supplementari che porta all’ira di Buffon, Benatia forse frana su Asensio, è rigore e la Juve lascia con una classica beffa che poche volte gli è appartenuta nella loro storia. Il contraccolpo sembra certo, il pari di Crotone con la simil rovesciata CR7 di Simy (non benissimo con le piccole quest’anno da segnalare lo 0-0 con la Spal) da una parte non butta giù visto il contemporaneo pari del Napoli a Milano ma non li lancia a più 6. Juve-Napoli, la sfida, che i bianconeri non giocano e infatti alla fine il difensore centrale senegalese vola in cielo e riapre tutto. Inter-Juve di ieri sera invece, è troppo fresca per essere commentata e da interista mi viene anche male, ma sotto 2-1 a dieci minuti dalla fine in 11 contro 10 grazie a favori arbitrali e uno Spalletti scellerato portano ad una rimonta che ha dell’incredibile. Morti, risorti, morti e poi ancora risorti. Tocca al Napoli oggi e poi altre 3 finali che giurano di non essere scontate.

Scontata come non è anche la politica. Sembra tutto fermo al 5 marzo al post voto. O forse no perchè in 56 giorni ne sono successe di cose, no il Governo ancora non c’è, per quello c’è ancora tempo.

Non vi tedio, il Movimento 5 Stelle è il primo partito, la coalizione del centro destra ha preso più voti (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia), il Pd con la coalizione ha quasi raggiunto il 23%.

Gli abboccamenti tra Salvini e Di Maio oramai sono storia e la scelta condivisa dei presidenti di Camera e Senato, con il rischio che saltasse il banco il giorno prima dell’elezione,  pareva chiudere al preludio Carroccio-Grillini. Invece no i pentastellati non vogliono Berlusconi, lui dice che li prenderebbe solo a pulire wc dei water di Mediaset e intanto fornisce uno show mediatico-comunicativo che fa intravvedere nonostante il crollo alle elezioni una forza ancora non indifferente.

Mattarella parla con tutti, il Pd intanto se ne lava le mani, si tira fuori, “Tanto abbiamo perso” e si mettono all’opposizione, poi il Presidente della Repubblica si scoccia (giustamente) e affida tutto nelle mani della Casellati che non tira fuori un ragno dal buco. La palla passa nelle mani di Fico, 5 Stelle area sinistroide che vira verso il Pd. Ma come? La porta non era chiusa, blindata da un Renzi-Buffon?

Invece no, è girevole o socchiusa. Ma non è detta l’ultima parola visti gli sviluppi giornalieri.

Come nel calcio la politica è diventata un gioco in cui non si può mai dire la parola fine, basta solo decidere se prendere il treno giusto o perderlo apposta.

 

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