Come il volo dei gabbiani

“Ogni volta è un colpo al cuore”. Il Ponte Morandi visto dal finestrino di un treno di passaggio a Sampierdarena. Il mio vicino di viaggio di ritorno a casa, è un uomo sulla settantina, napoletano, voce rotta dalla commozione che, vedendomi intento a cercare il momento giusto per poter vedere la zona del disastro, ha anticipato il mio pensiero.

Non sono un habitué dei viaggi in treno, diciamo purtroppo dei viaggi in generale, immerso nel lavoro e in una zona, quella del savonese, da cui non posso stare troppo distante, ma quando scelgo dove sedermi, e non è carino da dirlo, ma lo facciamo tutti, mi accomodo vicino a persone che mi “ispirano” fiducia e quel giorno avevo fatto centro.

Ma quella era stata solo la conclusione di una giornata che definirei speciale. Sabato scorso dopo aver staccato dal desk del giornale, ho preso il primo treno delle 13 e mi sono diretto al Salone Nautico di Genova per un’intervista a Radio 24, media partner dell’evento che trasmetteva live dal porto. Lì mi aspettava Marta Cagnola, giornalista e voce di Radiotube Social Network, già ospite del mio buon vecchio Retweet, che con il suo bel programma si incastra nei meandri di una tesi che sta per arrivare (finalmente, ma il bello è arrivato ora) alle battute finali.

Scendo a Brignole, navetta fino al porto (per cui ho pagato il biglietto, quando in realtà era gratuita: sigh ligure) e sono al Salone. Quante persone, di ogni nazionalità, sono sorpreso, dopo il  tragico 14 agosto mai mi sarei immaginato un impatto del genere, in un settore quello della nautica da diporto, da anni ormai in discesa. E sarò sincero, e come similitudine cade a pennello, mi sento un pesce fuor d’acqua, non devo fare un articolo e quindi non mi devo immedesimare, interrogare, sono un ospite, anche se con un altro scopo, e sinceramente non riuscivo a trovare niente che mi incuriosisse, per lo più  barche che non mi potrò mai permettere. Se non l’atmosfera. Tutto bello per carità,  ma è un mondo che non mi appartiene, con tutto il rispetto. Mi direte, giornalista operaio mica a caso.

Raggiungo la postazione radio, la aspetto e la vedo intenta nel mettere insieme tutti i dettagli della puntata e mi passano davanti tutte le volte che ho preparato ansioso la scaletta per il programma. “Starò preparando la trasmissione ma tu mi capisci”. Mi aveva detto il giorno prima Marta, ed è proprio così, mi ricordo tutto, si preparava sempre la sera prima, la mattina poi lavorando in macelleria era praticamente impossibile farsi redazione e quindi finito il turno si partiva a bomba per arrivare giusto dieci minuti prima a Campuswave per sistemare le canzoni. Bei frenetici ricordi.

Si libera ed è sempre un piacere incontrarla, da ogni parola c’è sempre da imparare e infatti intervistarla è stata un emozione importante perché è come se in quel momento me la scrivesse lei la tesi, la stesse proseguendo con la sua esperienza radiotelevisiva connessa ai social network, sua grande passione. Da freelance ho tutto dietro, microfono, stabilizzatore, Ipad, pc, che poi non capisco perché me lo porto sempre dietro, che se non trovo prese non posso usarlo (ha la batteria andata), e un pò mi vergogno perché sembro uno scappato di casa, ma purtroppo è quello che passa il mio convento.

Finito l’intervista, ad una mezzora dall’inizio del suo programma che su concessione di un responsabile di Radio 24 potrò seguire live, mi perdo nei meandri del Salone, come a mio solito visto che sono una spada nell’orientamento. Ad un certo punto hanno deciso di chiudere un pontile e bisognava fare il giro per ritornare dalla radio, non ho più trovato la strada. Che paesano.

Si fanno le 4, inizia la puntata e subito rimango fuori dallo studio. Faccio alcune foto all’esterno e mi fermo ad ascoltare, intento anche a veder passare i tanti, troppi visitatori e le loro storie tutte diverse.

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Mi fanno entrare e rivivo l’atmosfera magica della diretta, mi manca tantissimo, mi ha reso la persone che sono ora, ricca di sogni e passioni e vedere Marta farlo da anni con la stesse verve come se fosse il primo giorno mi fa ben sperare. Soprattutto nell’intervista con Mauro Pelaschier, velista, timoniere storico di Azzurra, che io non conoscevo, sono sincero.

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Poi a un certo punto passa un aereo e volano in cielo una miriade di gabbiani. Ne rimango come al solito affascinato, la ragazza dello stand con i suoi bellissimi occhi verdi è estasiata, la gente anche e probabilmente non sono liguri abituati a questo splendore che comunque sorprende anche me. A un mese e mezzo dal crollo del ponte sul Polcevera, quello, sarò banale, mi è parso come un segnale di rinascita.

E quel giorno era da vivere così, come i precedenti e i successivi dell’evento, la Superba ha voglia di ripartire. Vado via, guardandomi indietro in mezzo alle vele che ti accolgono appena entri, mosse da un vento settembrino che non può che far piacere. Tre ore che non vivevo da tempo e che mi hanno fatto pensare. La rinascita di Genova secondo me parte così, dalle piccole cose, da un Salone Nautico che per molti può essere solo visitato per curiosità.  Spensierati, come il volo dei gabbiani.

 

 

 

 

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