Martedì mattina alle 7 e mezza, dopo una nottata insonne a raccontare sul Savonanews tutti i disagi di una giornata al limite del catastrofico, inizio il mio giro dei comuni devastati dall’ondata di maltempo, dalla mareggiata, dal forte vento.
Inizio da Celle Ligure, casa mia, e lo scenario è fin da subito drammatico. Il centro storico è stato spazzato via in un mix di sabbia, fango, legname. Tutto ribaltato, i bar sono in ginocchio, via Aicardi, il cuore cellese è una distesa sabbiosa, una seconda spiaggia. La passeggiata anche e guardare il mare non è bello come succede in questo periodo senza cabine. Anzi è da odiare e fa paura, nella parte ponentina del paese ha distrutto tutto, barche, il muraglione del porticciolo, ha creato disagi alle attività commerciali. Andrea, proprietario insieme a suo papà, del negozio di ceramica più famoso di Celle, nella tarda serata della notte più lunga, bloccava il sovrastare dell’acqua e nella preoccupazione più totale si fermava a girarmi le foto della tromba d’aria del pomeriggio. Encomiabile.
Tutti facevano la loro parte e io in diretta, a fatica, con la voce rotta, da una commozione giustificata, raccontavo come il mio paese Natale provava a ripartire. Avrei voluto lanciare via il telefono e prendere una pala in mano, ma c’era bisogno in quel momento del servizio pubblico. Anche di quello Celle aveva bisogno.
Ad Albissola Marina mi sono immedesimato in un giovane che chiedeva al proprio sindaco di poter dare una mano alla ricostruzione. Immagine stupenda in una zona colpita profondamente da una giornata di maltempo mai vista nella storia della Liguria. Una delle passeggiate più belle a livello stilistico per la quantità innumerevole di ceramiche, è messa male, si pulisce a mano, testa china ma il giorno dopo era già quasi come nuova e fare la classica coda in quel tratto chiuso per quasi un giorno faceva assolutamente piacere.
Albisola Superiore è il cimitero dei bagni marini, vedo persone piangere, è appena finita la stagione balneare ed è a rischio quella 2019. In alcuni stabilimenti non c’è più niente, spazzati via da un simil tsunami. L’anno scorso ho fatto la stagione in una delle spiagge che fortunatamente sono rimaste meno colpite, ma conosco tutti i vicini, amici, conoscenti, che però non si sono buttati giù ma sono ripartiti come mai avevano fatto nella loro vita. La sera precedente una donna aveva perso la vita a causa della caduta di una parte di un tetto crollato a causa del forte vento. Stava andando a fare la spesa. Una tragedia.
Poi Varazze, Savona, Bergeggi, Spotorno, Noli, il ponente savonese, Portofino, Boccadasse, fiori all’occhiello di una Liguria che dal 14 agosto non trova pace. Ora sulla ricostruzione del ponte Morandi tutto tace, non si sa nulla, il Governatore ligure Toti ci mette la faccia ma dal Governo centrale si discute del reddito di cittadinanza e dei piccoli litigi per promesse che difficilmente verranno mantenute da una coalizione tenuta su con lo scotch. Sono partite le domande per lo stato di calamità naturale, ma i tempi stringono e questa regione non può morire sotto i colpi di un’infrastruttura che è all’anno zero.
Veneto, Friuli, Trentino, stanno molto peggio di noi, le immagini sono raccapriccianti, una quantità innumerevole di alberi non ci sono più, paesi spazzati via, isolati da giorni, stimata in un secolo la ricostruzione definitiva. Ma nessuno rassicura, anzi.
La natura si sta ribellando e sembra banale dirlo, è colpa nostra.
Però non si può fare altrimenti. Bisogna provare a ricostruire, senza piangersi addosso e anzi ci si rimbocca le maniche. Ho sentito anche che quelle zone potrebbero non essere più abitate. Le persone pensano di andare via.
No. Noi italiani abbiamo la testa dura e non molliamo. Tiriamolo su insieme questo Bel paese, spaventoso quando si parla di politica.
Tutto ciò non ha nessun colore. Imbracciamo la pala, sudore sulla fronte e ripartiamo. A testa alta.
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