Ho diversi ricordi del Giro d’Italia. Le sfide con mio fratello a chi si sarebbe aggiudicato lo sprint tra Petacchi e Cipollini e la sua passione per Gianni Bugno, con la promessa di giocare a biglie con me solo se avessi trovato quella particolare biglia con raffigurata l’effigie del campione degli anni 90. Un pò come Pizzaballa. Introvabile.
Poi il sudore della fronte sul viso di mio padre nel maggio del 2003, sistemava l’orto intorno alla casa dove poi saremmo andati a vivere l’anno dopo. C’era una foresta incredibile e lui tutti i pomeriggi finito il lavoro andava lì a tagliare l’impossibile. Non gli davo spesso una mano e molto spesso me ne pento, ma ricordo che mi mandava a prendergli l’acqua dalla bocciofila vicina e mi fermavo con i vecchietti a guardare nella loro piccola televisione la corsa rosa. Quell’anno, Marco Pantani ritornò dopo i fatti di Madonna di Campiglio e le accuse di doping, l’ho visto volare sullo Zoncolan e reagire allo scatto di Simoni, poi si alzò sui pedali nella tappa di Cascata del Toce qualche giorno dopo. Per l’ultima volta. Papà ancora aspetta quell’acqua, ma che bello rivedere il Pirata così.
Non posso scordare le avventure con Campuswave, le dirette in radio e l’intervista in esclusiva al vincitore di tappa Michael Rogers all’arrivo a Savona. Postazione sul Priamar e prima di tutte le testate nazionali c’eravamo noi. Tre giovani studenti universitari che si sono fatti raccontare dall’eroe di giornata come fosse andata la gara. L’anno dopo la crono di Sanremo e l’arrivo con intervista in un inglese maccheronico a Simon Gerrans, il giorno successivo a Genova Elia Viviani e Michael Matthews. Non dimenticando la trasferta al Pinerolo, vittoria di Trentin e tris italiano sul podio (Moser e Brambilla dietro di lui).
I ciclisti italiani che passione. Dal grillo Bettini visto saltare con la medaglia d’oro alle Olimpiadi in Grecia, a Ivan Basso, iniziato a seguire nel 2003 con il suo settimo posto al Tour, proseguendo poi per le vittorie al giro e l’apprensione per il suo tumore. I simpatici ciclisti della Bardiani (che nel 2014 avevano spaccato), lo squalo Vincenzo Nibali, l’indimenticato e simpaticissimo Michele Scarponi conosciuto come il ct Davide Cassani a Sanremo, Rinaldo Nocentini, 8 giorni in giallo nel 2009. Ne potrei dire mille.
Sono tornato a riassaporare al massimo questo Giro 2019 con il FantaCiclismo. Vi chiederete, esiste un fantacalcio del ciclismo? Ebbene sì ed è da invasati puri, 6 scappati di casa che si sfidano nelle gare più importanti della stagione ciclistica schierando una rosa di ciclisti dopo aver fatto l’asta. Non vi spiego tutto perchè c’è da diventare scemi, anche perchè in molti non capiscono neanche perchè un ciclista velocista che vince magari 4 tappe non è maglia rosa. E vi assicuro che questo mi è stato chiesto più di una volta.
E’ un Giro meraviglioso e non perchè lo sto seguendo tifando i ciclisti della mia squadra, sia chiaro. Ma perchè ne succede una al giorno. A parte la prima crono iniziale dove il solo Roglic ha confermato quanto di buono visto lo scorso anno al Tour, dalla seconda è stato un Viviani show, prima con l’incazzatura per la mancata vittoria, poi per l’irregolarità durante lo sprint tagliando la strada a Moschetti. Aveva vinto lui, ma il Var, sì proprio lui anche nel ciclismo, ha visto squalificare il ciclista oro a Londra nell’omnium. Vittoria a Gaviria e parole splendide del colombiano per il collega declassato.
Carapaz vince a sorpresa a Frascati, Ackermann fa il bis a Terracina, ma a sorprendere è la sesta tappa dove la giovane sorpresa Masnada si aggiudica la tappa e Valerio Conti la maglia rosa dopo una fuga incredibile approfittando della caduta del leader della corsa Roglic che forse la maglia ambita non la voleva avere così troppo presto.
Il ciclismo italiano ritorna a splendere dopo anni di ombre e il giorno dopo a farne da padrone sono gli scatti, le pause, gli scatti, le pause che mettono in apprensione Nibali, portano Formolo a rispondere facendo partire una fuga straordinaria conclusa con la vittoria di Rojas, il secondo posto di Gallopin e il terzo del ciclista veronese oltre ad un ottimo Cattaneo.
Oggi la tappa più lunga del Giro con i suoi 239 km e le prime salitelle, si arriva infatti a Pesaro grazie a un finale mosso e a un difficile sprint.
Domani la crono che potrà dire molto su questo evento italiano imperdibile.
Intanto per il momento è un gran bel Giro e continuerò ad emozionarmi, quando riuscirò a seguirlo nelle pause dal giornale, sprintando davanti alla tv come i campioni dello sport di fatica per eccellenza.
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