Non mi ricordo un fine settimana così. Di paura, di ansia, di angoscia. Pioggia incessante a non finire e danni nel savonese che si susseguivano di minuto in minuto.
I problemi erano iniziati nel genovese e l’allerta rossa piano piano si è spostata in provincia di Savona iniziando a colpire prima nell’entroterra di Urbe e poi via via in tutti i comuni da Varazze a Laigueglia.
La piena dei torrenti e rii albisolesi iniziava a far paura e sotto una pioggia scrosciante provavo a raccontare i difficili momenti così come facevano i colleghi dalla Val Bormida e dal Ponente. Il pomeriggio di sabato fino a notte inoltrata era un susseguirsi di messaggi, chiamate, post Facebook dei sindaci che aggiornavano in tempo reale sulla difficile situazione dei loro comuni. I sindaci, quanto sono importanti, fondamentali, un ruolo molto spesso osteggiato ma che, al di là dei colori, e me ne sono accorto proprio in quelle difficili giornate, ci mettono sempre la faccia a disposizione 24 ore su 24 per i cittadini.
La notte di sabato è stata terribile, Savona era allagata e nella casa nuova, (come vi ho detto in un altro pezzo, di nuovo un sottotetto, 3 su 3, ci sono abituato) il rumore incessante della pioggia si faceva sentire in maniera spaventosa. Ho dormito 3 ore, poi alle 3 fino alle 6 di nuovo per aggiornare con nuovi pezzi la situazione, poi ancora un’ora e mezza di sonno e alle 7 e mezza sveglia per un giro sulle criticità.
Savona iniziava a far la conta dei danni e le innumerevoli buche si facevano sentire. A Ellera, frazione albisolese, ho potuto toccare con la mano la terribile situazione. Poi Stella e Varazze, un disastro dietro l’altro. Isolate, persone sfollate, strade distrutte. Abbandonare la propria casa penso che sia la cosa più frustrante di questo mondo.
Una considerazione, faceva caldo, molto caldo. Effetto di questo tempo che preoccupa e non poco. Sole che spacca le pietre, poi pioggia amazzonica che fa danni immensi. Il terreno è saturo e avvengono le frane. “Greta Thunberg aveva ragione” iniziano a dire i più vecchi che rispetto ai giovani erano scettici sul suo grido d’allarme.
Mi fermo un attimo per un pranzo dai nonni di Luana (che ringrazio, come sempre, tutti i giorni, per la pazienza che porta per il mio lavoro) e riparto un’ora dopo per la visita di Toti a Stella. Mi arriva una chiamata alle 14.05: “E’ crollato il viadotto dell’A6 Torino-Savona”.
Brivido lungo la schiena come quel 14 agosto, tragico giorno del crollo del Ponte Morandi. Conosco un punto alla Madonna del Monte sulle alture di Savona, lì il viadotto si vede benissimo. Avviso in redazione e volo su. Non c’è più. Penso subito al peggio, devo essere sincero, chissà quante auto sono finite giù. Intanto mentre la chat del giornale inizia a esplodere di notifiche, decido di andare in diretta. Mi intrufolo insieme ai soccorritori che dal basso vogliono raggiungere il tratto crollato, in una discesa sterrata al limite della praticabilità. Poi mi stoppano giustamente, intanto arrivano elicotteri, mezzi di soccorso e tutte le troupe dei giornali nazionali. Continuo a raccontare e cerco di capire se sono rimaste coinvolte delle auto. Pare di no, forse una, ma non si sa, si continua a scavare. Alle 16 sarebbe finita l’allerta rossa, in quel momento non pioveva, quindi la viabilità era ottima, segnale positivo.
Inizia a piovere alle 17 e con la mia inseparabile 600 un’ora dopo mi sono diretto in Provincia per il punto della situazione di Toti. Il collegamento principale tra il Piemonte e la costa savonese non c’era più. Il viadotto sud era stato chiuso per controlli strutturali, c’era il timore che la frana che ha fatto cedere l’autostrada nord potesse intaccare anche quei piloni.
Per giorni, fino a ieri alle 11 (riaperto a doppio senso il viadotto sud), i collegamenti per la Val Bormida sono stati interrotti anche perchè la provinciale del Cadibona, via alternativa per eccellenza del savonese è stata chiusa a più riprese per frane e cedimenti.
Il viadotto crollato dovrebbe riaprire fra 5 mesi, tempi della Procura, che ha aperto un’inchiesta, permettendo.
Ci ritroviamo una Liguria spaccata, piegata in due. E abbiamo tanti difetti. Siamo tirchi, mugugnoni e i milanesi ci stanno sulle palle. Però quando si tratta di tirarci su, ci rimbocchiamo le maniche e nessun ponte crollato può metterci in difficoltà.
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