La guerra invisibile

Faccio fatica ad addormentarmi ultimamente. Mi metto a scrivere qualche pezzo, per la felicità di Luana che già mi vede lavorare tutto il giorno, oppure leggo. Il sonno non arriva. Penso, tanto, troppo.

Questo terribile momento continua ad andare avanti giorno dopo giorno. Il conto dei morti fa sempre più paura e quando senti il punto della protezione civile e quel numero così alto, 12mila persone che non ci sono più, ti viene in mente quando leggevi sui libri di storia delle cifre spaventose che si portava appresso la guerra.

Stiamo vivendo un presente che mai ci saremmo aspettati. Pensavamo che la terza guerra mondiale sarebbe arrivata, e forse in medio oriente si è già consumata, ma questa è tutt’altra cosa, si combatte a colpi di mascherine, respiratori, angoscia, rabbia.

Ho paura. Per i miei, per una generazione che si sta azzerando. Mia nonna in questi giorni ha detto a mio padre che questo è peggio della guerra. Sono rimasto un po’ perplesso da quelle parole ma poi forse ho capito.

“Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Le parole del Papa che cammina da solo sotto la pioggia in una piazza di San Pietro deserta sono il simbolo di tutto ciò. E non importa essere credenti o no. Siamo tutti sulla stessa barca, senza distinzioni di sorta.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il quale ho sempre nutrito, come per tutti i grandi ex da Pertini, a Ciampi, Napolitano, un grande rispetto, ci ha fatto capire nel suo piccolo che siamo sì tutti uguali a partire dal taglio di capelli. Del resto mia madre nelle videochiamate me lo dice sempre che sono imbarazzanti. Ma se i parrucchieri suono chiusi ca va sans dire.

Qualcuno prova pure a parlare di sport in questo momento, degli stipendi che vanno o no tagliati, di quando si ricomincerà. Ma chissenefrega regà, nel mio piccolo sono andato a correre intorno al palazzo di casa in mezzo alle macchine e con una salitella come gran premio della montagna, mi va bene così. Gli sportivi non possono stare a casa a allenarsi? Mi sembra di sognare.

Nei giorni scorsi mi sono pure vergognato di me stesso. Mi sono innervosito perché non riuscivo a mandare i documenti del bonus, il giorno prima perchè avevo preso “un buco” (gergo classico di noi giornalisti quando ci facciamo soffiare una notizia). Poi dopo una mezzoretta mi sono fermato a pensare a quanto sono stato coglione soprattutto in questo difficile momento.

Mi mancano i pranzi della domenica post partita, la cena della sera. Le risate, le prese in giro quando i miei si coalizzano con Luana.

Non vedo l’ora che si arrivi presto alla parola fine. Anche solo per arrivare ad un abbraccio. Solo uno.

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