Un mese e poco più dal lockdown italiano, dall’inizio della zona rossa. Lo scorso 9 marzo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva firmato il Dpcm che stoppava il nostro paese dal 10 marzo vista la complicata emergenza legata al Coronavirus.
In quel giorno in tutta la Liguria erano 132 i casi positivi e si registravano 9 decessi, ieri, 11 aprile, nel classico e terribile bollettino di Alisa le persone decedute sono 734 e le persone positive al Covid19 4256.
Numeri che fanno spavento, molti hanno perso i propri nonni, genitori, c’è anche chi purtroppo ha perso la vita a 46 anni. Ma c’è un dato che può fa ben sperare, le persone guarite, 925.
Purtroppo anche i dati nazionali ci mettono ancora tanta paura, 152.271 i casi positivi e 19.468 morti. Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, sono in ginocchio tra le preoccupazioni per la sicurezza dei sanitari e ospedali che sono quasi al collasso.
Dal 12 marzo sono rimasti aperti solo i supermercati e negozi di alimentari, le edicole, i tabaccai, i trasporti, le poste (chiusi negozi, bar e ristoranti), spazio alle autocertificazioni (la prima proprio il 10 marzo) e la possibilità di spostarsi nei comuni limitrofi solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute.
La chiusura delle attività produttive non essenziali è arrivata con un ulteriore Dpcm circa 10 giorni dopo, il 21 marzo, portandosi dietro anche una “quarantena” necessaria prolungata fino al 3 aprile e poi successivamente a martedì 14 marzo.
Le scuole e la didattica a distanza, passando per una oramai improbabile ripartenza delle lezioni a metà maggio, gli esami di maturità che forse si svolgeranno solo con un maxi esame orale.
La distanza di un metro, il divieto di assembramenti, le mascherine, i “dibattiti” sulla possibilità o meno di fare sport, poi limitata all’attività fisica nei pressi della propria abitazione.
Ci siamo abituati a lavorare da casa, lo smart working, a raccontare, come ho fatto su Savonanews nel nostro piccolo, le storie, la preoccupazione, con dirette Facebook, con articoli, dando la parola a tutti. Dai sindaci alle pubbliche assistenze, passando per il commercio e i balneari. La situazione di un momento economico per la nostra regione mai così difficile. Dall’industria al turismo e proprio il commercio.
Il futuro? Non sappiamo ora dire con certezza quando ritorneremo alle nostre vite. Il presente è invece l’hashtag, il motto, il nostro stile di vita attuale e necessario per tutti, per dire la parole fine: #Iorestoacasa.
Il Presidente del Consiglio due giorni fa ha prolungato la nostra permanenza in casa e la chiusura di alcun attività produttive (riapriranno le cartolerie, i negozi di abbigliamento per bambini, la silvicultura) fino, come si pensava, al 3 maggio. E fanculo se durante la diretta Conte ha risposto agli attacchi di Salvini e Meloni sulla questione Mes e Mentana ha detto che bisognava censurarlo. Mi voglio tirare fuori da questo gioco di contrapposizione tra fazioni del “ha ragione/torto il direttore del TGLa7, ha ragione/torto Conte e/o Salvini/Meloni”. Muoiono 600 persone al giorno e questo direi che può bastare
Niente Pasqua quest’anno e niente 25 aprile e 1 maggio. Sì, perché è così, non esistono feste in questi giorni regà c’è poco da festeggiare. Con Luana ieri abbiamo montato il nuovo barbecue (montato da lei, si sa che la mia manualità è pressoché zero), ci faremo una grigliata, così, giusto per passare il tempo in una maniera diversa. Oggi forse mangeremo un po’ di più, giusto per, ma un po’ di tristezza c’è perché non possiamo stare con i nostri cari. Ci buttiamo giù, ogni tanto ci capita di piangere, non vedere i genitori, i nonni ci fa stare male. Per fortuna ho lei, non oso immaginare se fossi stato da solo ancora in via Turati.
Poi la festa della Liberazione, tanto cara, avremo modo di festeggiarla quando tutto sarà finito. E allora sì che ci sentiremo veramente liberi.
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