Il Ponte San Giorgio di Genova è da ieri sera alle 22.00 di nuovo percorribile. Dopo quel tragico e terribile 14 agosto di due anni fa nel quale con il crollo del Ponte Morandi hanno perso la vita 43 persone, la Liguria ritorna così ad essere unita e a risolvere, in buona parte, un problema viario importante.
Non si risolve tutto il resto però. I familiari delle vittime hanno ancora bisogno di risposte importanti sulle cause che hanno portato alla morte i loro cari.
3 agosto 2020. Giorno che difficilmente dimenticheremo. Salgo sul ponte, dopo un viaggio in pullman tutto da documentare, per il servizio sull’inaugurazione con una certa pelle d’oca. Quante volte ci siamo saliti sull’ex ponte di Brooklyn.
Metto da parte tutta l’emozione e mi concentro sul lavoro che ci aspetta. Piove, forte, e come a mio solito super preparato alla partenza dimentico l’ombrello all’autogrill di Savona. Non pago anche se ho il kway mi avvicino alla zona dove distribuiscono gli ombrelli agli ospiti della celebrazione. La sicurezza non mi fa passare, urlo ad uno steward di allungarmene uno e creo un precedente con tutti gli altri colleghi giornalisti che giustamente ne pretendono uno.
Ecco, i colleghi giornalisti. Tasto dolente. Una settimana prima pareva essere particolarmente complicato essere accreditati per l’evento dell’anno. “Massimo massimo due giornalisti per testata”, annunciavano dalla Prefettura di Genova. Fosse vero. L’area dedicata alla stampa ha visto accreditati blogger, personaggi a caso, in pantaloncini corti, t-shirt, gente che faceva video-storie in verticale da mettere sui social e naturalmente senza tesserino. Un delirio insomma. Non voglio fare il moralista, sia chiaro, ma in questo modo si scredita un mestiere, che ha bisogno di studio, lavoro, fatica. Insomma il tesserino da pubblicista non te lo regala nessuno, anzi.
Passiamo all’organizzazione. I giornalisti tutti all’acqua e fino a lì nulla di strano. Anche una gran parte degli ospiti, con gli steward che continuavano a pulire le sedie per farli accomodare nonostante continuasse a diluviare. La logistica, da dimenticare. Nessuna zona per intervistare i diversi politici o personaggi presenti, grazie alla divisione dalla zona stampa/ospiti con una specie di guard-rail. Qualcosa ci inventiamo, ma che degenero. Di riprendere il taglio del nastro non se ne parla, tutti assiepati, per non parlare della cerimonia, solo mamma Rai ce la fa.
Arrivano i pezzi da 90, dal presidente della Camera Fico, alla presidente del Senato Casellati, poi il premier Conte, infine il Presidente della Repubblica Mattarella. Che io annuncio in diretta già dall’arrivo di Fico e poi per altre tre volte. Le gaffe, ci rido su.
Inizia la celebrazione, pioggia e il sole insieme. Risuonano i nomi delle vittime, il silenzio, da commuoversi. Poi spunta l’arcobaleno sopra il ponte dove campeggiano le frecce tricolori.
Non c’è niente da celebrare è solo un momento di ricordo e di ripartenza. Quante volte l’avrò ripetuto.
Al ritorno poi uno sopra l’altro dentro il pullman al Corona proprio facciamo il manico.
Due anni ci sono voluti per ricostruire il ponte, tempi neanche tanto biblici se consideriamo le classiche tempistiche italiane, però ora la questione non deve finire qua, anzi il Governo deve andare avanti e rispondere presente alle richieste delle famiglie.
Che non potranno mai festeggiare la ricostruzione di un ponte o il passaggio da una parte di Genova all’altra.
Speriamo che sia finisca tutto come l’arcobaleno. Con un inizio e una meritata e sofferta fine ricca di giustizia.
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