Checchè se ne dica, alla faccia di chi dice che è noioso, il ciclismo è uno sport meraviglioso.
Ricco di cuore, altruismo, sudore, sacrificio, storie. Ieri al Tour abbiamo visto tutto.
Vingegaard rischia di cadere ma rimane incredibilmente in piedi e la curva successiva, poco dopo, provando forse un attacco in discesa, è il suo rivale Pogacar a scivolare, cadendo in una cuneetta.
La maglia gialla poteva approfittarne e chiudere la partita. Invece no, lo ha aspettato e la stretta di mano con il pollice in su dello sloveno, sono lo spot migliore che si potesse immaginare.
Sono stati spalla a spalla per tre settimane, il danese gli ha dato più di due minuti, il fenomeno dell’Uae ha provato ieri ad attaccarlo in sei occasioni. Ma niente, sempre però nel pieno del rispetto tra i due.
Davanti il compagno della Jumbo Van Aert, passista, velocista, sulle salite è volato come il migliore degli scalatori. È lui forse il vero extraterrestre del ciclismo del nuovo millennio. Poteva vincere dopo aver blindato una maglia verde mai in discussione e aver lasciato sul posto prima gli specialisti Pinot e Martinez. Ma sono sopraggiunti proprio Pogacar e Vingegaard con i galloni del capitano che vanno rispettati e allora si è messo a tirare per aiutarlo ad arrivare braccia al cielo, dopo aver staccato Tadej. Poi lui è arrivato terzo, non è naufragato. Immenso.
Questa Gran Boucle è stata storica, immensa e ci piacerebbe che il Giro, che per me rimane sempre qualcosa di più che speciale, non venga sottovalutato solo perchè prima grande corsa della stagione.
Capisco che le squadre programmino il calendario in vista proprio dei mesi di gara e che la corsa rosa a maggio sia obiettivamente troppo presto per alcuni big. Ma perchè non provarci all’accoppiata? Non me ne vogliano gli amici spagnoli della Vuelta. Ma Italia-Francia è tutta un’altra cosa.
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