Era il 22 dicembre. Una giornata durata un’eternità con un processo che avevo seguito in Tribunale che si era concluso praticamente alle 8 di sera. Mi ero messo subito a scrivere sia per Savonanews che per La Stampa e si era fatto tardissimo. Quella sera poi ero andato anche a mangiare dai miei a Celle, Luana non c’era per una cena con un’amica. Tornato poi tardi a casa mi aspettavo una strigliatina per aver finito alle calende greche di lavorare o perché ho sempre la testa al lavoro. Niente di tutto questo, anche per messaggio.
Serenità più totale e mi “puzzava” un po’ questa cosa. Metto piede in casa e Luana mi consegna un pacchetto. Test di gravidanza. Siamo incinti.
Il giorno dei giorni, qualche giorno prima di Natale. Miglior regalo non poteva esserci.
Poi l’attesa. Quei nove mesi che sembrano un’eternità. La notizia data ai futuri nonni, entusiasti è dire poco, i parenti, gli amici. Il caldo più caldo del mondo. Epico, devastante, fastidioso, sudoso. Da incinta, il quadro completo del disagio.
Al terzo mese, più o meno, non mi ricordo con precisione, so solo che ad ogni ecografia si rimandava sempre quella dopo per sapere il sesso, abbiamo scoperto che avremo accolto una bimba. Azzurra, poco ballottaggio con altri nomi, sapevamo già. Apro una parentesi sulle ecografie in ospedale, Evangelico di Voltri così come altri ospedali non permettono, causa Covid (se non per un breve periodo ad aprile-maggio) ai papà di assistere alle ecografie seppur vaccinato con tre dosi e la mascherina FFP2 indossato. Capisco la sicurezza ma….italianate.
Poi purtroppo arrivano le difficoltà. Non per Azzurra lei sta benissimo, scalcia a più non posso e i capelli fanno venire mal di stomaco (così dicono i vecchi) alla mamma. Prendo il Covid, che per un ipocondriaco, sempre attento e scrupoloso, come me, è stata una mezza mazzata. Per carità, lo hanno fatto tutti e con tre dosi di vaccino cosa vuoi che accada. La paura, come l’ho avuta per mamma e papà e tutti i nostri cari diciamo più avanti con l’età, questa volta era tutta concentrata su Luana e la bimba. Ci siamo separati in casa, guanti, mascherina sempre e tappato in camera da letto. 11 giorni tostissimi, nel luglio più caldo del mondo e con i primi 4 con febbre alta e mal di gola fotonico. E’ andata anche questa, ci dovevo passare anche io, anche se rimarrò sempre con il dubbio su dove lo posso aver preso.
La pancia cresce e il conto alla rovescia è sempre più imminente. Poi all’improvviso non sei stata bene e il mondo mi è crollato addosso. Non sono mai stato (e forse non lo sarò mai) una persona forte ma in quel momento ho avuto paura, una fottuta paura. Non scenderò nel dettaglio di quello che è successo ma siamo volati di corsa al pronto soccorso dell’ospedale di Savona e ti hanno tenuto tutta la notte e poi il giorno successivo. Esami tutti negativi, la bimba sempre in super forma. Stai bene. Non dimenticherò mai quell’abbraccio in reparto e l’attesa per potervi venire a riprendere.
Intanto il tempo viaggia come un siluro, nel frattempo avevamo comprato anche una casa (questa è un’altra storia) e la scadenza è imminente. 30 agosto. Io dico 25, tu 23. Poi probabilmente si arriverà all’uno, giorno della visita con la ginecologa. Niente di tutto questo. Sei stata un orologio svizzero, precisa come non mai. Il 29 le prime contrazioni poi la sera all’ora di cena (mangiavamo i totani come dimenticarli. Anche perché li devo digerire ancora ora), i dolori più forti. Si parte e quante volte avevo immaginato quel momento.
Arriviamo alle 11 meno 10 a Voltri. Si prospetta una notte lunga totale, provo anche a guardare un film, di dormire non se ne parla (anche perché la macchina di Luana nei sedili dietro è parecchio scomoda). Alle 2 mi chiamano, penso: “Ci siamo”. Sbaglio ascensore, trovo il piano a fatica, mi vestono con i copri scarpe e il camice di plastica. Le contrazioni si fanno sempre più forti ma siamo ancora lontani dalla meta.
L’ostetrica della notte auspica che possa nascere prima che finisca il suo turno alle 7. Eh, magari. Ha da passà. Sei stanca, stravolta ed a un certo punto faccio fatica pure a tenerti in piedi. Mi ciondola la testa dal sonno. A me. Figuriamoci a chi sta patendo i dolori più grossi mai visti. Siamo fortunati cari colleghi uomini, mettiamocelo bene in testa.
Sono le 11 e forse ci siamo quasi. Forse. Guardo di continuo l’orologio, in maniera quasi ossessiva-compulsiva. Non hai più le forze e spronarti era l’unico modo tenendoti la testa dentro la sala parto. Anche qua, amici papà, fatelo: entrate, capite, è da fare. Siateci in quel momento.
Sono le 12.40. Il pianto, l’urlo più bello del mondo che in confronto Tardelli è un dilettante allo sbaraglio. Sei nata Azzurra, una meraviglia difficile da spiegare. Sei luce in una giornata, quel 30 agosto, uggiosa e successivamente piovosa da morire. 3.390 kg di gioia pura.
Grazie mamma Luana. Siete tutto quel che ho.
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